Il Piemonte dice addio al pap-test, d’ora in poi lo screening si fa con l’esame del Dna

Piemonte prima regione in Italia: il test Hpv manda in pensione il vecchio prelievo. “Il nuovo permetterà di ridurre del 60-70 per cento l’incidenza dei tumori invasivi del collo dell’utero”

Partito, in Piemonte, lo screening del tumore al collo dell’utero con il test Hpv che manderà in pensione il pap test. Quattro dipartimenti piemontesi di screening dei tumori (Torino, Moncalieri, Ivrea ed Orbassano-Val di Susa) hanno avviato l’utilizzo del nuovo test ed altri 4 (Novara, Vercelli-Biella, Asti e Alessandria) inizieranno entro fine anno. Il nuovo test è in grado di rilevare l’eventuale presenza del Dna dei ceppi del papilloma-virus ad alto rischio per lo sviluppo del tumore del collo dell’utero. Permetterà di ridurre del 60-70% l’incidenza dei tumori invasivi del collo dell’utero rispetto allo screening con Pap test. Un dato – questo – dimostrato da uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale The Lancet, che ha valutato su larga scala l’effetto dello screening basato sul test Hpv rispetto a quello basato sul Pap test nel prevenire tumori invasivi. Studio che «La Stampa» aveva anticipato, condotto di un’équipe internazionale di ricercatori guidata dal dottor Guglielmo Ronco, del Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte (Cpo Piemonte) della Città della Salute di Torino

Per motivi organizzativi, il passaggio al test Hpv avverrà nell’arco di cinque anni. Riguarderà tutte le donne residenti in Piemonte di età compresa tra i 30 e i 64 anni. Il programma di screening inviterà quindi sempre meno donne a fare il Pap test e sempre più donne a sottoporsi a quello Hpv, fino a che tutte saranno passate alla nuova metodica di indagine. «Per ragioni di equità – spiegano i responsabili dello screening – si utilizzerà un criterio casuale di invito per suddividere le donne tra chi farà il test Hpv subito e chi lo farà successivamente».  Il pap test non perderà completamente la sua validità. «Nelle donne più giovani, fra i 25 e i 29 anni – spiegano gli specialisti – il test Hpv rileva infatti molte lesioni destinate a regredire spontaneamente, con un elevato rischio di esami e trattamenti inutili». Per questa ragione chi ha meno di 30 anni continuerà a essere sottoposta a Pap test.  Ogni anno, attraverso lo screening, vengono individuate circa 450 lesioni pre-invasive. Nella maggioranza dei casi il trattamento è molto limitato (distruzione o piccola asportazione della lesione, spesso addirittura ambulatoriale) con conservazione della capacità riproduttiva. Il programma di screening ha dimostrato di fornire una protezione molto elevata. Il rischio di tumore invasivo del collo dell’utero è risultato ridotto dell’80 per cento in chi si sottopone agli screening rispetto a chi non aderisce.

La Stampa – 31 ottobre 2014

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