Ospedali italiani solo il 36% accoglie i pazienti disabili con iter adatti

img_2930-h131004135650-u2001602771606pf-u200163899365e0e-140x152@ilsecoloxix-spezia-k36f--390x180@ilsecoloxixweb_265x122Milano – Solo il 36% delle strutture ospedaliere italiane conta su un percorso prioritario per pazienti con disabilità con ambulatori e day hospital. Appena il 19% vanta infatti uno sportello dedicato all’accoglienza delle persone svantaggiate. E sono troppo pochi gli erogatori di numeri dedicati, mentre locali e percorsi specifici, come un triage (accettazione) più veloce al pronto soccorso, stanze dedicate per l’attesa o personale apposito per pazienti con disabilità cognitiva sono ancora un miraggio.

Sono quelli i dati preliminari dell’indagine conoscitiva, condotta tra gennaio e settembre, presso tutte le direzioni sanitarie delle strutture ospedaliere pubbliche italiane, promossa dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, dalla onlus Spes contra spem e Fondazione Ariel, col contributo di Fondazione Umana Mente.

In tutto le strutture contattate sono state 814, con un tasso di risposta del 20%. «L’indagine non ha la capacità di riflettere il dato statistico nazionale – spiega Antonio Finazzi Agrò, coordinatore del progetto per Spes contra spem – ma un valore indicativo importante ed è la prima del genere in Italia». Dalla rilevazione è così emerso che le cure delle persone con disabilità, che necessitano di trattamento in ospedale per patologie non direttamente correlate alla disabilità stessa presentano numerosi punti critici, come la presenza di barriere materiali, organizzative, gestionali e culturali. Inoltre la maggioranza degli ospedali non ha ancora installato mappe a rilievo o percorsi tattili.

Nel corso dell’indagine è stata diffusa anche la Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale, realizzata da Spes contra spem per sensibilizzare le istituzioni sulle problematiche connesse al ricovero ospedaliero delle persone con disabilità.

Il Secolo XIX – 4 ottobre 2014

Il XVII Rapporto PIT Salute

xvii_rapporto_pit_saluteIl detto popolare “sulla salute non si risparmia” può essere archiviato con buona pace di tutti, forse. Dalla 17° edizione del Rapporto PIT Salute “(Sanità) in cerca di cura”, presentato il 30 settembre 2014 a Roma dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, emerge con grande evidenza che le difficoltà economiche, i costi crescenti dei servizi sanitari e le difficoltà di accesso spingono i cittadini a rinunciare alle cure e a sacrificare la propria salute.
Su oltre 24mila segnalazioni giunte nel 2013 ai PIT salute nazionale e regionali e alle sedi locali del Tribunale per i diritti del malato, quasi un quarto (23,7%, +5,3% rispetto al 2012) riguarda le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie determinate da liste di attesa (58,3%, -16% sul 2012), peso dei ticket (31,4%, +21%) e dall’intramoenia insostenibile (10,1%, – 5,3%). Dunque, quello che allontana sempre più i cittadini dalle cure e dalla sanità pubblica è il peso dei ticket: obbligati a “sopportare” la lista di attesa si rinuncia all’intramoenia troppo costosa, e il ticket proprio non va giù.

I cittadini oggi hanno bisogno di un SSN pubblico forte, che offra le risposte giuste al momento giusto e che non aggravi la situazione difficile dei redditi familiari. E’ un punto di partenza imprescindibile per impostare la cura appropriata per il SSN, che non può essere messa a punto senza il coinvolgimento delle organizzazioni dei cittadini” . Queste le dichiarazioni di Tonino Aceti, Coordinatore Nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. “Dobbiamo innanzitutto ridurre i ticket, scongiurare nuovi tagli al Fondo Sanitario Nazionale e governare seriamente i tempi di attesa di tutte le prestazioni sanitarie, e non solo di alcune come accade ora, mettendo nero su bianco un nuovo Piano di Governo dei tempi di attesa, fermo al 2012. E ancora, affrontare l’affanno che ospedali e servizi territoriali stanno vivendo: per questo accanto agli standard ospedalieri, è necessario procedere subito con quelli di personale e definire gli standard nazionali dell’assistenza territoriale, non previsti neanche dal recente Patto per la Salute. Infine, non per ordine di importanza, è fondamentale agire seriamente sui LEA, aggiornandoli dopo 14 anni, oltre che strutturare e implementare un nuovo sistema di monitoraggio che fotografi la reale accessibilità degli stessi per i cittadini. Non riusciamo a capire come sia possibile che per il Ministero della Salute le regioni stiano migliorando nella capacità di erogare i LEA, mentre aumentano le difficoltà di accesso per cittadini: il sistema di monitoraggio non sembra fotografare la realtà vissuta dalle persone. Per questo chiediamo che i rappresentanti delle Organizzazioni dei cittadini entrino a far parte formalmente del Comitato di verifica dei LEA. La revisione in atto della normativa sui ticket e dei LEA, stando ad indiscrezioni, profila un gioco al ribasso per i diritti dei cittadini. Per questo le misure devono essere oggetto di confronto e consultazione pubblica.”

All’interno dei dati sulle difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie, le segnalazioni sui lunghi tempi di attesa restano ancora al vertice delle preoccupazioni dei cittadini: a lamentare le liste di attesa è il 58,5%, quasi ugualmente ripartite fra esami diagnostici (34,1%), visite specialistiche (31,4%) e interventi chirurgici (27,1%).

Il secondo ostacolo all’accesso alle prestazioni è rappresentato dal problema dei ticket, in forte aumento di più di 20 punti in percentuale dal 10,3% del 2012 al 31,4% del 2013. In questo ambito, quasi la metà (44%) dei cittadini contatta Cittadinanzattiva per i costi elevati e gli aumenti dei ticket per specialistica e diagnostica, il 34,4% per avere informazioni sull’esenzione dal ticket, il 12,9% sul perché alcune prestazioni siano erogate a costo pieno (e non solo con il ticket) e l’8,6% sulla mancata applicazione dell’esenzione. 
Si risentono, quindi, gli effetti dei tagli alla spesa pubblica degli ultimi anni, con politiche sia nazionali che locali che sono andate nella medesima direzione, assottigliando sempre più l’offerta e le garanzie ed esponendo i cittadini a rischi maggiori in termini di mancata presa in carico. 
Al secondo posto le segnalazioni sulla grave situazione dell’assistenza territoriale (15,6%, in lieve aumento rispetto all’anno precedente); in particolare l’assistenza ricevuta da medici di base e pediatri di libera scelta (il 25,7% delle segnalazioni, +2,3%), soprattutto perché i cittadini si vedono negata una visita a domicilio o il rilascio di una prescrizione; la riabilitazione (20,3%, +6,7%), in particolare per i disagi legati alla mancanza o scarsa qualità dei servizio in ospedale o alla difficoltà nell’attivazione di quello a domicilio; l’assistenza residenziale (17,3%, invariato rispetto al 2012). 
Dopo essere stato per anni il primo problema per i cittadini, la presunta malpractice rappresenta la terza voce di segnalazione (15,5% delle segnalazioni nel 2013 vs al 17,7% del 2012). Sarà anche questo un effetto delle difficoltà di accesso ai servizi? Pesano ancora in modo preponderante in questa area i presunti errori terapeutici e diagnostici (66%, ossia i due terzi delle segnalazioni, +9% sul 2012); seguiti dalle condizioni delle strutture (16%, -7%), dalle disattenzioni del personale sanitario (10,4%, -2,1%), dalle infezioni nosocomiali e da sangue infetto (3,8%). In ambito terapeutico, i presunti errori riguardano in particolare l’area ortopedica (33,4%, +1,3%) e la chirurgia generale (16,8%, +5,6%); in ambito diagnostico, in particolare l’area oncologica (25,6%, -1,7%) e l’ortopedia (19,4%, +5,1%).
Le segnalazioni sull’assistenza ospedaliera passano dal 9,9% del 2012 al 13,1% del 2013. In questo ambito, crescono soprattutto le segnalazioni inerenti l’area dell’emergenza urgenza (dal 40% al 47,7%): l’attesa per l’accesso alla prestazione è il più rilevante dei problemi, ed è ritenuta eccessiva nel 40,7% dei contatti (38,4% nel 2012); seguono le segnalazioni per assegnazione non chiara del codice di triage: 30,9% nel 2013 (34,4% nel 2012), quindi i ritardi nell’arrivo delle ambulanze (15,4%); e per finire le segnalazioni di ticket per il pronto soccorso (13%).
I costi
Oltre il 13% delle segnalazioni giunte nel corso del 2013, riguarda costi a carico dei cittadini per accedere a prestazioni sanitarie, il dato è in aumento rispetto allo scorso anno quando si attestava al 12%.

Nell’ultimo anno, il valore pro-capite della spesa sanitaria privata si è ridotto da 491 a 458 euro all’anno e le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare complessivamente a 6,9 milioni di prestazioni mediche private. Dopo il restringimento del welfare pubblico, anche il welfare privato familiare comincia a mostrare segni di cedimento. Tra il 2007 e il 2013 la spesa sanitaria pubblica è rimasta praticamente invariata (+0,6% in termini reali) a causa della stretta sui conti pubblici. È aumentata, al contrario, la spesa di tasca propria delle famiglie (out of pocket): +9,2% tra il 2007 e il 2012, per poi ridursi del 5,7% nel 2013 a 26,9 miliardi di euro. Tre miliardi gli euro spesi dagli italiani per ticket sanitari nel 2013, con un incremento del 25% dal 2010 al 2013 (Corte dei Conti).
Dalle segnalazioni di cittadini e associazioni di pazienti al Tribunale per i diritti del malato, emergono alcuni costi medi sostenuti in un anno da una famiglia: 650€ per farmaci necessari e non rimborsati dal SSN; 901€ per parafarmaci (integratori alimentari, lacrime artificiali, pomate, etc.); 7.390 € per strutture residenziali o semi-residenziali; 9.082€ per l’eventuale badante; 1070€ per visite specialistiche e riabilitative; 537€ per protesi e ausili; 737 per dispositivi medici monouso, vale a dire pannoloni, cateteri, materiali per stomie.

Leggere il comunicato stampa, scaricare il Rapporto e le slides di presentazione.

XII Rapporto su sicurezza, qualità e accessibilità a scuola

Quattro scuole su dieci hanno una manutenzione carente, oltre il 70% presenta lesioni strutturali, in un caso su tre gli interventi non vengono effettuati, più della metà delle scuole si trova in zona a rischio sismico e una su quattro in zona a rischio idrogeologico.

Questo il quadro che emerge dal XII Rapporto nazionale su sicurezza, qualità ed accessibilità a scuola presentato il 18 settembre da Cittadinanzattiva. 
”Pur riconoscendo lo sforzo del Governo, ci sembra che non si siano scelti criteri oggettivi per la individuazione delle scuole a cui destinare i fondi“.

Scarica il Rapporto, leggi i comunicati stampa e le slide di presentazione.

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Monitoraggio Lea: miglioramenti nelle Regioni, ma ancora criticità

Sono disponibili i dati relativi al monitoraggio dell’erogazione e mantenimento dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) nelle varie Regioni: emergono aspetti positivi, come l’aumento dei posti letto per i pazienti oncologici in hospice. Rimane invece preoccupante l’assistenza agli anziani e ai disabili, tallone d’Achille in molte realtà territoriali. Leggi la notizia dal sito web del Ministero e consulta il documento.

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La danza come terapia: al festival di Venezia la vita straordinaria di Maria Fux

482852-150x124VENEZIA – “Dancing with Maria” di Ivan Gergolet è l’unico film italiano in concorso alla 29a Settimana internazionale della critica nell’ambito della 71ma Mostra del cinema di Venezia (sarà proiettato il 2 settembre). Si tratta di un documentario – il primo lungometraggio diretto dal regista friulano – sulla celebre danzatrice Maria Fux, coreografa e danzaterapeuta argentina di grande esperienza artistica e pedagogica, che svolge da oltre 40 anni il lavoro di formazione alla danzaterapia in vari paesi dell’America e dell’Europa, nei quali è ampiamente praticato il suo metodo per il recupero psicofisico attraverso il movimento creativo in diverse situazioni di disabilità. “Nei suoi corsi danzano insieme ballerini di qualsiasi condizione ed estrazione sociale, uomini e donne con malattie fisiche e mentali, alla scoperta di se stessi e degli altri. L’incontro con l’energia e la danza di Maria cambiano la vita di chi l’incontra – riferisce Gergolet, nato nel 1977 a Monfalcone (Gorizia) – Dopo aver sperimentato e trasmesso agli altri per tutta una vita il suo metodo basato sulla percezione dei ritmi interni e sulla simbiosi con la musica Maria Fux ha preso in consegna un’ultima allieva, forse la più difficile: se stessa”.

Ultranovantenne, Fux “non ha perso la verve e la grazia che ne hanno fatto una delle grandi della danza”, afferma il regista, che ha girato nella scuola di Maria dove “la missione è trasformare con la danza e la simbiosi con la musica i limiti di ognuno in risorse”. Perché – sostiene l’anziana insegnante di ballo – “la danza è l’incontro di un essere con gli altri”.

La sua carriera inizia molto precocemente. Tra il 1954 e il 1960 è una delle prime ballerine del Teatro Colon di Buenos Aires, protagonista di tournée di successo negli Stati Uniti, Polonia, Russia, Perù, Brasile e Uruguay. Dal 1960 al 1965 dirige il “Seminario di Danza” all’Università Nazionale di Buenos Aires. Successivamente svolge un’intensa attività di recital e seminari didattici in molte città dell’America Latina, dell’Europa e del Medio Oriente. Nel 1968 presenta al Congresso Internazionale di Musicoterapia, che quell’anno si svolge a Buenos Aires, una relazione sul tema “La danza come terapia” dove per la prima volta si parla dell’importanza della danza come mezzo educativo ed espressivo per gli audiolesi.

Da quel momento Maria Fux diventa un punto di riferimento in Europa e nelle Americhe per la formazione alla danzaterapia. Nel 1980 inizia la collaborazione in Italia con Lilia Bertelli con la quale fonderà a Firenze nel 1989 il Centro Toscano di formazione in danzaterapia “Maria Fux”. Oggi molti operatori, medici e psicologi, che hanno sperimentato la validità del metodo di Maria Fux lo applicano nel trattamento di persone di varie età con problemi sensoriali (non vedenti, non udenti), sindrome di Down, disagio psicologico, sia a scopo riabilitativo che terapeutico. Il 14 maggio 2002 viene nominata “cittadina illustre” di Buenos Aires.

Gergolet, che ha al suo attivo diversi corti e documentari, ha accompagnato sua moglie nella capitale argentina per seguire un seminario della Fux. Da questo incontro è nato il film, prodotto da Igor Princic – già sostenitore del fortunato “Zoran, il mio nipote scemo”, lo scorso anno vincitore del Premio del Pubblico RaroVideo alla Settimana internazionale della critica – e coprodotto da Transemedia (Italia), Imaginada Films (Argentina) e Staragara (Slovenia). (lab)

(SuperAbile – 28 agosto 2014)

Spinge l’amico in sedia a rotelle per 800 km sul cammino di Santiago

C_4_articolo_2061670__ImageGallery__imageGalleryItem_2_imageA compiere l’impresa, denominata “I’ll Push You” e testimoniata via Internet, sono stati due 39enni americani dell’Idaho, Justin Skeesuck e Patrick Gray

Niente è impossibile. Nemmeno spingere la sedia a rotelle dell’amico paralizzato per 800 km. E’ quello che ha fatto Justin Skeesuck, 39 dell’Idaho, che ha aiutato l’amico Patrick Gray a completare il cammino di Santiago de Compostela. I due ci hanno messo 35 giorni e la loro impresa è stata seguita via Internet con un sito ufficiale un account Twitter, tramite i quali hanno chiesto alla gente di dar loro una mano con donazioni.

Skeesuck e Gray sono amici sin dall’infanzia e hanno vissuto molte esperienze insieme. Quando Skeesuck è rimasto colpito da una malattia autoimmune che lo ha obbligato su una sedia a rotelle non ha comunque rinunciato a vivere la vita fino in fondo.

Quando ha proposto a Gray di affrontare il cammino di Santiago questi non se lo è fatto dire due volte. “E’ stato folle ma abbiamo provato che anche se ci sono dei limiti nella propria vita non bisogna permettere loro di condizionarci – ha affermato Gray al Today.com -. Niente è impossibile”. Non sono mancati i momenti difficili, come sui Pirenei o come quando, al secondo giorno, alla sedia a rotelle di Skeesuck è saltata via una ruota. Ma sono stati tutti affrontati e superati.

Fonte TGcom24mondo – dove è possibile vedere altre foto

Imperia riceve la bandiera lilla per l’attenzione rivolta al turismo disabile

IMPERIA Il Comune di Imperia è tra i 10 Comuni Liguri, primi in Italia, a ricevere la BANDIERA LILLA nuovo vessillo assegnato per l’attenzione rivolta al Turismo Disabile. Insieme ad Imperia, si annoverano Castelnuovo Magra (SP); Celle Ligure (SV); Diano Marina (IM); Finale Ligure (SV); La Spezia; Loano (SV); Noli (SV); Pietra Ligure (SV) e Santa Margherita Ligure (GE). La cerimonia di consegna si terrà il 5 agosto alle ore 21,00 a Celle Ligure, Lungomare Colombo – località Crocetta. Riceverà in consegna l’importante premio l’Avvocato Fabrizio Risso, Assessore ai Servizi Sociali, Prima Infanzia, Attività Educative e Scolastiche del Comune di Imperia che, attraverso i suoi Uffici, ha risposto lo scorso anno al questionario della Regione Liguria e si è sottoposto alla verifica circa il possesso dei requisiti previsti per l’assegnazione.

TURISMO-DISABILEL’Assessore Risso, con evidente soddisfazione, dichiara: “A cura degli Uffici dell’Assessorato, lo scorso anno, è stato compilato il questionario che la Regione Liguria ed Obiettivo 66 hanno distribuito a tutti i Comuni liguri. Grazie alle risposte ed informazioni fornite è stata verificata l’esistenza all’interno del territorio comunale di strumenti, iniziative e informazioni a favore del turismo disabile nonchè la presenza di infrastrutture e di strutture di accoglienza accessibili. Nei mesi scorsi, dopo aver saputo per le vie ufficiose che Imperia era tra i 10 Comuni cui sarebbe andato questo importante riconoscimento, abbiamo organizzato insieme all’Assessorato al Turismo quelli che sarebbero stati (e saranno) i primi due di una lunga serie di incontri con gli stakeholders cittadini che si occupano di disabilità ed anche con i consorzi balneari ed alberghieri. E’ realistico oltrechè doveroso pensare infatti che la Bandiera Lilla sia un punto di partenza e non di arrivo.

Ci sono infatti molti margini di miglioramento e di crescita collettiva soprattutto in termini di sensibilizzazione, formazione ed informazione, anche ma non solo attraverso la creazione di portali ad hoc, l’implementazione di altri già esistenti come quello comunale appunto o in costruzione come il Portale Turistico ed, in aggiunta, la messa a disposizione degli Uffici dell’ANCI per il reperimento di fondi europei al fine di dare impulso alle buone prassi già messe in campo e/o da varare. E’ intenzione di questa Amministrazione, per il tramite degli Assessorati competenti, farsi parte diligente per incontrare con cadenza almeno trimestrale tutti i suddetti interlocutori ed avviare percorsi di condivisione per perfezionare e rendere durevole un’offerta turistica (che, evidentemente, è già una realtà) in termini di qualità ed accessibilità ”.

Portale malattie rare: nuovi argomenti fra i diritti dei giovani adulti

Portale malattie rare di Cittadinanzattiva: si conclude la creazione del percorso personalizzato sulle patologie rare e i diritti dei giovani adulti, con l’inserimento delle informazioni su Procreazione Medicalmente Assistita, crioconservazione, cellule staminali da cordone ombelicale.

Collegati al sito per visionare e approfondire i vari argomenti e visita la pagina del progetto.

26 giugno 2014: tortura punto e a capo?

Il 26 giugno, Giornata mondiale per le vittime della tortura, Amnesty International Italia, Antigone, Cittadinanzattiva chiedono che, dopo 26 anni di ritardo, il parlamento italiano approvi finalmente una legge che istituisca il reato di tortura. In programma un incontro-dibattito e una mobilitazione alle ore 19:00 in piazza del Panteon a Roma. Partecipa anche tu portando un fiore rosso.

La ratifica italiana della “Convenzione ONU contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti” risale esattamente a 25 anni fa, nonostante ciò nell’ordinamento nazionale manca ancora la previsione di uno specifico reato di tortura. Un’inadempienza macroscopica di precisi obblighi internazionali sulla quale si è accumulato un ritardo di un quarto di secolo. A partire dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, il divieto di tortura è contemplato in convenzioni e trattati internazionali e sovranazionali ai quali lo Stato ha puntualmento aderito.

Per leggere tutto l’articolo cliccare qui, per l’appello e per l’invito